Notizie

L’approvazione e il deposito del bilancio d’esercizio

L’articolo 2423 del codice civile prevede che siano gli amministratori a redigere il bilancio di esercizio.

Il bilancio deve, poi, essere approvato dall’assemblea dei soci entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio.

Solo in casi eccezionali, come previsto dal comma 2 dell’articolo 2364 cod. civ., questo termine può essere “spostato” in avanti diventando di 180 giorni.

Al riguardo, il Legislatore ha previsto due condizioni al di fuori delle quali il termine ampio non può essere utilizzato; il riferimento è:

1. al caso di redazione del bilancio consolidato,

2. al verificarsi di “particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società”.

Con particolare riguardo alla seconda fattispecie, è importante ricordare che le relative motivazioni dovranno essere riportate nella relazione sulla gestione degli amministratori, ovvero in nota integrativa.

Il procedimento di convocazione dell’assemblea dei soci nelle Spa è contenuto nell’articolo 2366 cod. civ.. La convocazione deve avvenire ad opera dell’organo amministrativo (ovvero del collegio sindacale se gli amministratori non provvedono), il quale deve provvedervi entro il termine stabilito dallo statuto ed, in ogni caso, nei 120 giorni successivi alla chiusura dell’esercizio (come si è detto centottanta al verificarsi di casistiche particolari). Nel caso in cui si rendesse necessaria una seconda adunanza, in assenza di tale indicazione nella convocazione, essa dovrà avvenire entro trenta giorni dalla prima (articolo 2369 cod. civ.).

Diversamente, per le Srl la norma di riferimento è il l’articolo 2479-bis cod. civ.. Sul punto, si evidenzia che l’articolo 2479, comma 3, cod. civ. prevede una particolare forma di approvazione: la “proposta di decisione mediante consenso espresso per iscritto”.

La norma stabilisce che “L’atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dai soci devono risultare con chiarezza l’argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa”.

Potrebbe accadere che il bilancio di esercizio non venga approvato, in tal caso si ricorda che potrà comunque provvedersi al deposito dello stesso presso la CCIAA, anche unitamente all’eventuale verbale di assemblea deserta o di mancata approvazione. Il bilancio depositato risulterà non approvato e avrà il medesimo valore di una situazione patrimoniale.

Occorre chiedersi cosa accade in merito alle imposte e all’obbligo dichiarativo in assenza di approvazione del bilancio di esercizio. In questi casi, l’articolo 17, comma 1, D.P.R. n. 435/2001, impone comunque il versamento dell’IRES a saldo dovuta in base alla dichiarazione,

La mancata approvazione del bilancio non esenta, dunque, la società dal versamento delle imposte e dalla presentazione della relativa dichiarazione dei redditi.

Ma quali saranno i termini per il versamento delle imposte e la presentazione della dichiarazione?

Tenuto conto del termine ordinario dei 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, il versamento delle imposte deve avvenire entro il giorno 16 del sesto mese successivo alla chiusura del periodo di imposta. Se fosse possibile applicare il maggior termine di 180 giorni, il versamento dovrà, invece, essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello entro il quale avrebbe dovuto verificarsi l’approvazione del bilancio. APPROVAZIONE BILANCIO PAGAMENTO IMPOSTE PRESENTAZIONE DICHIARAZIONE
Entro 120 gg. 16 del 6° mese successivo alla chiusura dell’esercizio 16/6 30/9
Entro 180 gg. 16 del mese successivo a quello nel quale si sarebbe dovuta verificare l’approvazione 16/7 30/9

 

 

 

Fonte Euroconference 07/05/2016

Read more

Il quadro RW tra monitoraggio e patrimoniali

La detenzione di capitali all’estero obbliga, in diverse circostanze, a procedere al c.d. “monitoraggio” da espletare, ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Legge 28 giugno 1990, n. 167, mediante la compilazione dello specifico quadro RW della dichiarazione dei redditi. La compilazione di detto prospetto ha subito rilevanti modifiche a decorrere da Unico 2014, la prima delle quali riguardante l’accorpamento delle informazioni anche in ordine alla liquidazione delle imposte IVIE e IVAFE.

Se gli aspetti generali sono noti, qualche spunto di riflessione in più si rende necessario per rammentare alcune particolarità, sia sul piano soggettivo che oggettivo. Circa l’obbligo compilativo, è noto che generalmente l’adempimento riguarda i soggetti persone fisiche che posseggono gli investimenti esteri, anche in qualità di “titolari effettivi”. Interessati alla compilazione sono inoltre gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni professionali. Gli obbligati, non è mai tardi per ricordarlo, sono tutti i soggetti residenti in Italia, dunque anche gli stranieri che ormai si sono ivi radicati. Sono esonerati, invece, coloro (anche italiani) che per la maggior parte del periodo d’imposta sono risultati non residenti. In relazione alle persone fisiche poi non viene operata nessuna distinzione essendo obbligati:

• i titolari di partita IVA;

• i soggetti esonerati dalla compilazione della dichiarazione dei redditi;

• i soggetti fiscalmente a carico di altri;

• coloro che hanno presentato il modello 730.

In particolare, per i contribuenti che a qualsiasi titolo non devono presentare l’Unico “ordinario”, l’adempimento del monitoraggio fiscale è effettuato mediante la presentazione del frontespizio di Unico, unito ovviamente alla compilazione del quadro RW.

L’utilizzo del medesimo quadro RW sia per il monitoraggio che per la liquidazione delle patrimoniali potrebbe condurre a “situazioni” promiscue che devono essere gestite con attenzione. Si pensi ai soggetti legittimamente esonerati dal monitoraggio fiscale, come ad esempio i dipendenti che prestano in via continuativa attività lavorative presso la Commissione Europea ed altri organismi comunitari e internazionali (come illustrato dalla circolare n. 45 del 2010, ONU, NATO, Unione Europea, OCSE) la cui residenza è stabilita in Italia ex lege, nonché i dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro per i quali sia prevista la notifica alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, o ancora ai c.d. “frontalieri”. Per tutti è l’articolo 38, comma 13, del D.L. 78/2010 a prevedere l’esonero in questione, seppur a condizioni diverse (tra l’altro, mentre per i frontalieri l’esonero è limitato alle detenzioni nel paese in cui svolgono l’attività lavorativa, per gli altri il monitoraggio non deve essere effettuato per qualsiasi disponibilità ovunque detenuta all’estero, sia finanziaria che patrimoniale). Ebbene, la norma non prevede affatto l’esonero dal pagamento delle patrimoniali, ovviamente se dovute: ne deriva che detti soggetti, pur non dovendo effettuare il monitoraggio fiscale, saranno obbligati a compilare il quadro RW per la liquidazione delle imposte dovute sui patrimoni esteri.

È inoltre possibile che si verifichi il caso inverso, ossia che un soggetto non deve procedere al pagamento delle patrimoniali, ma deve effettuare il monitoraggio fiscale. In tale direzione il caso classico è rappresentato dalla detenzione di un conto corrente, rispetto al quale possono verificarsi entrambe le ipotesi. Si pensi, ad esempio, al conto che non supera mai la soglia massima di monitoraggio pari a 15 mila euro ma che ha una giacenza media superiore a 5 mila euro. In una simile circostanza sussiste l’obbligo di corrispondere l’IVAFE ma non di effettuare il monitoraggio. Viceversa, se il conto supera la predetta soglia massima ma ha una giacenza media inferiore a 5 mila euro, ricorrerà l’obbligo di effettuare il monitoraggio fiscale, senza dovere la patrimoniale IVAFE.

In simili situazioni è evidente che la tipologia di omissione commessa rileverà nel relativo settore: ad esempio, se si erra il monitoraggio fiscale con imposte patrimoniali non dovute, vi saranno solo le sanzioni per il monitoraggio; di contro, se l’errore riguarda solo le patrimoniali, è ovvio che al contribuente non possono essere irrogate sanzioni per il monitoraggio che è stato legittimamente non effettuato.

Dette circostanze non sono affatto infrequenti, essendo sufficiente rifarsi alle precisazioni della circolare n. 45 del 2010 in ordine ai soggetti obbligati all’adempimento. Secondo il documento di prassi, infatti, qualora sul bene sussistano più diritti reali, ad esempio, nuda proprietà e usufrutto, sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà. Ciò in quanto sia la titolarità del diritto di usufrutto che della nuda proprietà sono in grado di generare redditi di fonte estera. Ai fini IVIE, invece, la circolare n. 28 del 2012 ha precisato che l’imposta è dovuta solo dall’usufruttario.

La medesima circolare n. 45 del 2010, inoltre, sottolinea come per effetto di consolidati orientamenti giurisprudenziali, sono tenuti agli obblighi di monitoraggio non solo i titolari delle attività detenute all’estero, ma anche coloro che ne hanno la disponibilità o la possibilità di movimentarle. Conseguentemente, in caso di attività finanziarie o patrimoniali cointestate, il modulo RW deve essere compilato da ogni intestatario con riferimento all’intero valore delle attività qualora questi abbia la disponibilità piena delle stesse. È il caso, ad esempio, del conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi. Analoghe conseguenze si determinano in caso di conto corrente estero intestato ad un soggetto residente sul quale vi è la delega di firma di un altro soggetto residente. In tal caso, anche il delegato è tenuto alla compilazione del modulo RW per l’indicazione dell’intera consistenza del conto corrente detenuto all’estero e dei relativi trasferimenti qualora si tratti di una delega al prelievo e non soltanto di una mera delega ad operare per conto dell’intestatario. Nella circolare n. 12 del 2016 è stato precisato che il delegato non deve però corrispondere l’IVAFE: egli pertanto compilerà il quadro RW solo ai fini del monitoraggio fiscale, mentre l’obbligo del pagamento della patrimoniale graverà sui titolari del conto.

 

 

 

Fonte Euroconference 09/05/2016

Read more

Bozza Oic 29

L’Organismo italiano di contabilità ha pubblicato la bozza per la consultazione del principio contabile Oic 29, dando continuità all’aggiornamento dei principi contabili nazionali alla luce delle novità introdotte dal D.Lgs. 139/2015.

Lo scopo dell’Oic 29 è quello di disciplinare il trattamento contabile e l’informativa da fornire in nota integrativa degli eventi che riguardano:

• i cambiamenti di principi contabili;

• i cambiamenti di stime contabili;

• la correzione di errori;

• i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio.

La novità più evidente è senz’altro la eliminazione del riferimento agli eventi o alle operazioni di natura straordinaria. Ciò è dovuto alla nota cancellazione della sezione straordinaria dallo schema di conto economico.

Altra modifica che riguarda la struttura del principio attiene al paragrafo dedicato alle definizioni. Nella bozza di ieri è collocato all’inizio e ricomprende tutti gli ambiti di applicazione, mentre nell’Oic 29 pubblicato nell’agosto del 2014 è specifico per ogni macro-argomento.

Si osservi, poi, che il lavoro di revisione intrapreso è teso ad allineare l’Oic 29 alle disposizioni dello Ias 8.

La sezione dedicata ai cambiamenti di principi contabili è quella che presenta le modifiche più evidenti. In particolare:

a. è stato chiarito che i cambiamenti di principi contabili sono ammessi solo se il cambiamento è richiesto da nuove norme o da nuovi principi contabili (c.d. cambiamenti obbligatori di principi contabili) oppure se è adottato per una migliore rappresentazione in bilancio dei fatti e delle operazioni della società (c.d. cambiamenti volontari di principi contabili);

b. è stato specificato che i cambiamenti obbligatori di principi contabili sono contabilizzati in base alle disposizioni transitorie contenute nelle nuove norme o nei nuovi principi contabili. Pertanto, tali cambiamenti di principio sono contabilizzati secondo l’Oic 29 solo se non vi sono specifiche disposizioni transitorie;

c. è stato previsto che i cambiamenti di principi contabili sono contabilizzati sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui avviene il cambiamento di principio;

d. ai soli fini comparativi, è stato richiesto di rettificare i dati comparativi dell’esercizio precedente come se il nuovo principio contabile fosse sempre stato applicato. Tuttavia, sono state previste due agevolazioni:

• quando non è fattibile determinare l’effetto di competenza dell’esercizio precedente, la società non deve rettificare i dati comparativi;

• quando non è fattibile determinare l’effetto cumulato pregresso del cambiamento di principio contabile la società deve applicare il nuovo principio contabile a partire dalla prima data in cui ciò risulti fattibile;

e. sono state riviste le informazioni da fornire in nota integrativa.

Nella sezione dedicata ai cambiamenti di stime contabili è stato specificato che quando è difficile distinguere tra un cambiamento di principio contabile e di stima, il cambiamento è trattato come un cambiamento di stima.

Con riferimento alle correzioni di errori, la bozza del principio:

• fornisce una definizione di errore rilevante allineata a quella dello Ias 8, secondo cui “Un errore è rilevante se può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio. La rilevanza di un errore dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore stesso ed è valutata a seconda delle circostanze”;

• prevede che la correzione di errori rilevanti commessi in esercizi precedenti va contabilizzata sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore, mentre gli errori non rilevanti sono contabilizzati a conto economico;

• prevede che, ai soli fini comparativi, se l’errore è stato commesso nell’esercizio precedente, i dati comparativi devono essere rideterminati. Tuttavia, anche in questo caso sono state previste delle agevolazioni quando non è fattibile determinare o l’effetto di competenza dell’esercizio precedente o l’effetto cumulato pregresso dell’errore.

Le previsioni relative ai fatti avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio sono rimaste pressoché invariate.

Infine, viene precisato che è in fase di predisposizione un’appendice che tratterà le informazioni che devono essere fornite dalle società che predispongono il bilancio ai sensi dell’articolo 2435-bis (bilancio in forma abbreviata) e ai sensi dell’articolo 2435-ter (bilancio delle micro-imprese) del codice civile.

 

Fonte Euroconference 20/04/2016

Read more

L’inquadramento del diritto d’autore

Il codice civile all’articolo 2575 stabilisce che: “Formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

In merito allo sfruttamento dei diritti d’autore, si possono verificare due fattispecie: il caso in cui il diritto sia sfruttato dall’autore o il caso in cui questo sia ceduto e quindi venga sfruttato dal terzo acquirente.

La cessione del diritto di autore è disciplinata dalla Legge n. 633/1941, la quale stabilisce che l’autore dell’opera ha il diritto esclusivo di utilizzarla economicamente; in particolare il diritto d’autore si può scindere in tre parti:

1. diritto di pubblicità;

2. diritto di utilizzazione;

3. diritto di paternità.

Possono essere ceduti solo il primo ed il secondo diritto di cui sopra in quanto in tali casi trattasi di diritti patrimoniali. Il diritto di paternità è invece un diritto personale non cedibile.

In merito all’aspetto fiscale, va evidenziato che i compensi percepiti per la cessione dei diritti di autore, se non sono conseguiti nell’esercizio d’impresa, rappresentano redditi di lavoro autonomo ex articolo 53, comma 2, lettera b), del Tuir. Tuttavia, se tali compensi vengono percepiti da soggetti diversi dall’autore sono considerati redditi diversi ex articolo 67, lettera g), del Tuir.

È interessante notare che, se il diritto allo sfruttamento di un’opera intellettuale viene acquisito dietro versamento di un corrispettivo, l’impresa cessionaria ha diritto di far concorrere la spesa alla propria attività aziendale attraverso l’ammortamento. Il diritto d’autore trova infatti allocazione nella voce di stato patrimoniale B13.

L’OIC 24 definisce beni immateriali quei beni identificabili e rappresentati da diritti giuridicamente tutelati che la società ha il potere esclusivo di sfruttare per un periodo determinato. Tra tali beni sono enunciati anche i diritti di autore.

Sempre secondo il citato OIC il diritto di autore comprende:

– le opere dell’ingegno di carattere creativo, quali la musica, le arti figurative, l’architettura ed altro;

– gli altri mezzi multimediali di espressione, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.

Al fine della tutela giuridica è necessario che l’opera sia destinata alla comunicazione, in quanto ad essere tutelato non è il contenuto artistico dell’opera ma la forma di espressione della stessa, per esempio un libro.

Per questi motivi, secondo i principi contabili, i diritti di autore vanno iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale se soddisfano le seguenti condizioni:

• “titolarità di un diritto esclusivo di edizione, rappresentazione ed esecuzione derivante da un diritto d’autore o da un contratto che attui la traslazione dei diritti stessi (contratto di edizione, di rappresentazione, di esecuzione, ecc.);

• possibilità di determinazione attendibile del costo di acquisizione dei diritti;

• recuperabilità negli esercizi successivi dei costi iscritti tramite benefici economici che si svilupperanno dallo sfruttamento dei diritti stessi”.

In merito al valore del diritto rilevabile in bilancio, l’OIC chiarisce che i costi iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale possono essere rappresentati dai costi di produzione interna e da quelli di acquisizione esterna (anche se il pagamento è avvenuto in maniera dilazionata).

L’unica eccezione è rappresentata dal pagamento iniziale seguito dal pagamento di corrispettivi aggiuntivi commisurati alle vendite realizzate. In tale circostanza, gli ulteriori corrispettivi si imputano a conto economico in quanto direttamente correlati ai ricavi dei medesimi esercizi.

Come detto, il diritto di autore iscritto in stato patrimoniale è oggetto di ammortamento. Al riguardo l’OIC 24 precisa che: “l’ammortamento dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno è determinato con riferimento alla residua possibilità di utilizzazione”.

In ultimo, per completezza di trattazione, si rileva che ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, le cessioni effettuate dagli autori o dai loro eredi o legatari sono considerate fuori dal campo di applicazione dell’Iva, ai sensi del articolo 3, quarto comma, lettera a), del DPR n. 633/1972.

 

 

 

 

Fonte: Euroconference 16/04/2016

Read more

I beni in leasing nella nota integrativa

In fase di stesura della nota integrativa relativa al bilancio 2015, meritano particolare attenzione le indicazioni richieste dal punto n. 22) dell’art. 2427, co. 1, cod. civ. con riferimento alle operazioni di leasing. In particolare, la norma citata stabilisce che la nota integrativa deve indicare “le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto, sulla base di un apposito prospetto dal quale risulti il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti, l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all’esercizio, l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati inerenti all’esercizio”.

Ricordiamo che con una operazione di locazione il concedente (locatore) concede ad un utilizzatore (locatario) l’uso di un bene per un determinato periodo di tempo a fronte del pagamento di un corrispettivo periodico (canone) con la presenza in contratto di una opzione di acquisto del bene locato in favore dell’utilizzatore ad un prezzo contrattualmente predeterminato (cd. opzione di riscatto).

Nel nostro ordinamento i contratti di leasing finanziario devono essere rilevati nello stato patrimoniale e nel conto economico utilizzando il metodo patrimoniale, in base al quale il locatario (diversamente da quanto prevedono i principi contabili internazionali ed il postulato della prevalenza della sostanza sulla forma) non iscrive nel proprio stato patrimoniale le immobilizzazioni acquisite attraverso contratti di locazione finanziaria, che rimangono pertanto iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale del locatore, ma iscrive a conto economico i canoni contrattualmente pattuiti e maturati come costi di periodo.

Il legislatore ha richiesto però che nella nota integrativa siano riportate le informazioni desumibili dall’applicazione del metodo finanziario, il quale in sintesi consiste nella contabilizzazione dell’operazione come l’acquisto di un bene, accompagnata dall’iscrizione di un debito verso il concedente, nonché il conseguente ammortamento del bene come previsto per le immobilizzazioni materiali, e l’iscrizione nel conto economico degli oneri finanziari rilevati per competenza.

Nella nota integrativa delle società che acquisiscono beni in leasing finanziario è quindi necessario rilevare:

• il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando i tassi di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti.

 

L’onere finanziario effettivo non è sempre di immediata determinazione. Anche se nel contratto è esplicitamente indicato (e normalmente così avviene) un tasso in interesse, non necessariamente tale valore rappresenta il tasso d’interesse effettivo, che invece è calcolato in funzione dei complessivi oneri finanziari che gravano sulla locazione e della durata del contratto in base ai diversi periodi di tempo intercorrenti dalla data della sua decorrenza sino a ciascuna scadenza periodica.

Tali oneri finanziari complessivi sono pertanto pari alla differenza tra il valore corrente di mercato del bene oggetto di leasing alla data di stipulazione del relativo contratto e l’ammontare complessivo delle somme (canoni anticipati e periodici) da corrispondersi;

• il valore del bene locato (che secondo il metodo finanziario sarebbe stato iscritto tra le immobilizzazioni), che corrisponde al minore tra il teorico prezzo del bene per il suo acquisto in contanti e il valore attuale dei canoni di locazione comprensivo del valore attuale del prezzo di riscatto pattuito;

• il debito implicito verso il locatore (che sarebbe stato iscritto tra le passività), originariamente pari al valore del bene (come definito nel punto che precede) e progressivamente ridotto in base al piano di rimborso delle quote di capitale incluse nei canoni contrattuali;

• l’onere finanziario di competenza dell’esercizio, che è ottenuto attraverso la scomposizione dei canoni di locazione tra interessi passivi e quota capitale in base al tasso di interesse implicito nei contratti;

• le quote di ammortamento relative ai beni in locazione di competenza dell’esercizio;

• l’effetto sul risultato dell’esercizio e quello complessivo sul patrimonio netto che si otterrebbero applicando il metodo finanziario.

 

 

Fonte : Euroconference

Edizione di sabato 19 marzo 2016

 

 

 

 

 

Read more

Non tassato l’indennizzo per migliorie sul fondo

La riforma dei contratti agrari, attuata a mezzo della L. 203/1982, disciplina anche le ipotesi in cui sui fondi, oggetto di contratti di affitto, vengano eseguite opere di miglioria a cura, alternativamente, del concedente o dell’affittuario; infatti, l’articolo 16, concede tale facoltà di intervento a entrambi i soggetti.

Gli interventi, che devono rivestire il carattere della definitività (in caso contrario non si potrebbe parlare di migliorie, atteso lo scopo assegnato dal Legislatore consistente nell’incrementare la capacità produttiva e quella reddituale del fondo, nonché, il suo stesso valore), contemplano le opere riconducibili a:

1. miglioramento fondiario sui terreni;

2. trasformazione degli ordinamenti produttivi che comportano una radicale modifica nel sistema produttivo dei terreni;

3. trasformazioni che riguardano i fabbricati rurali e

4. addizioni che comportano l’inserimento di un bene, autonomo e distinto rispetto al bene principale cui si riferisce.

Tuttavia, come previsto sempre dalla Legge, gli interventi in oggetto:

• non possono modificare la destinazione agricola del fondo e devono rispettare gli indirizzi del PSR di riferimento.

In caso di disaccordo sugli interventi da eseguire, è facoltà di entrambe le parti attivare l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura (IPA) tramite lettera raccomandata A.R., in cui deve essere descritto l’intervento migliorativo che si intenderebbe attuare e il motivo stesso dell’intervento.

Nel caso in cui l’Ispettorato decida per la necessità dell’intervento, lo stesso compete, in prima battuta, al proprietario del fondo che deve, entro 60 giorni dalla comunicazione dell’Ispettorato, far sapere all’affittuario la decisione.

È solamente in caso di silenzio, rinuncia o mancato inizio dei lavori a cura del proprietario che potrà procedervi l’affittuario.

In tal caso, l’articolo 17, comma 2, L. 203/1982, prevede un’indennità da erogarsi, a cura del proprietario, in misura pari all’incremento del valore del fondo “a seguito dei miglioramenti effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato”.

 

In ragione del dettato normativo, non sempre è previsto un indennizzo; infatti, nulla è dovuto quando i lavori hanno portato un vantaggio in capo al solo affittuario e non anche una modifica incrementativa al valore del patrimonio del proprietario.

La circostanza che l’indennizzo spetta in caso di un maggior valore assunto dal bene terra, sta a significare che la quantificazione dell’indennizzo non può tradursi in una mera somma algebrica dei costi sostenuti da parte dell’affittuario del fondo, ragion per cui, il successivo comma 3 prevede, in caso di disaccordo tra le parti, che l’importo sia stabilito, previa domanda di una delle parti, dall’IPA.

La domanda che bisogna porsi è quale sia il corretto trattamento fiscale da riservare all’indennizzo percepito dall’affittuario.

Sul punto consta una sentenza di legittimità, la n. 2332/2001 in cui i Supremi Giudici hanno affermato che “il diritto all’indennità per i miglioramenti apportati al fondo spettante all’affittuario ai sensi dell’art. 17, secondo comma, L. 3 maggio 1982 n. 203, ha carattere risarcitorio perché sostituisce la diminuzione al patrimonio del medesimo derivante e pertanto gli spettano rivalutazione monetaria ed interessi – comprensivi – anche d’ufficio, essendo entrambi componenti del danno e quindi parte integrante del risarcimento con decorrenza dalla data di cessazione dell’affitto”.

Inoltre, la successiva sentenza n.6964/2007 ha affermato che l’indennità ha natura risarcitoria in quanto sostituisce la diminuzione del patrimonio.

Tali considerazioni comportano la riconduzione dell’indennità percepita nel contesto del reddito agrario ex articolo 32 Tuir, in ossequio a quanto stabilito all’articolo 6, comma 2, sempre Tuir.

Tale conclusione è avvalorata dalla circostanza, evidenziata prima, per cui gli interventi devono essere eseguiti, e per di più sono autorizzati, con il fine di aumentare la capacità produttiva del fondo, tant’è vero che la stessa legge, quando le opere sono eseguite da parte del proprietario, nel caso di nuova classificazione catastale, prevede la possibilità di adeguare il canone locativo in ragione della maggior redditività del fondo.

Da ultimo, si evidenzia come, per quanto attiene l’eventuale assoggettamento dell’indennità erogata a IVA, in ipotesi ovviamente di proprietario soggetto passivo, l’indirizzo maggioritario propende, in ragione della specialità della Legge n. 203/1982, nonché delle sue finalità, per una sua esclusione dal campo di applicazione dell’imposta.

Sul punto, tuttavia, sarebbe utile un intervento di prassi chiarificatore.

 

 

 

Fonte : Euroconference sabato 19 marzo 2016

Read more

Riforma bilanci: problematiche fiscali

A seguito delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015, che hanno profondamente riformato la disciplina di bilancio, si rende necessario l’intervento del Legislatore fiscale, al fine di fronteggiare alcuni aspetti incidenti altresì sulla determinazione delle imposte.

Si pensi, a tal proposito, all’eliminazione della sezione straordinaria del conto economico, così come all’impossibilità di capitalizzare i costi di ricerca e pubblicità.

Le novità sono applicabili dagli esercizi decorrenti dal 1° gennaio 2016 o successivamente: pertanto, già da un paio di mesi risulta necessario confrontarsi con le modifiche introdotte.

Tuttavia molti dubbi sono correlati a queste novità, non solo in materia prettamente contabile, ma anche fiscale.

RIFORMA BILANCIO: CRITICITÀ IN MATERIA FISCALE

L’eliminazione dal conto economico della sezione straordinaria inciderà sulla determinazione di numerosi aggregati ed indicatori di bilancio necessari ai fini dell’applicazione delle disposizioni fiscali.

Si pensi, a titolo di esempio, alle seguenti fattispecie:

  • il Rol (per la deducibilità degli interessi passivi);
  • il Mol (per individuare la presenza di una causa di disapplicazione automatica per le società in perdita sistematica);
  • l’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica, utile per la determinazione della soglia di deducibilità delle spese di rappresentanza.

A quanto appena esposto vanno altresì aggiunti gli effetti in tema di determinazione dell’imponibile Irap.

Come noto, a seguito delle novità introdotte, non sarà più consentita la capitalizzazione dei costi di ricerca e pubblicità.

Il Legislatore fiscale potrà quindi continuare a consentire una ripartizione del costo in più annualità (ma ciò dovrebbe essere necessariamente fatto extracontabilmente), oppure potrà optare per la riformulazione della norma fiscale, rendendo quindi integralmente deducibili nell’esercizio di competenza gli oneri in commento. Dubbi potrebbero inoltre sorgere con riferimento agli oneri già capitalizzati negli anni precedenti l’entrata in vigore delle riforme. In questo caso, sicuramente molto dipenderà dalle scelte che saranno operate dall’Oic in sede di emanazione dei nuovi principi contabili nazionali, sebbene le scelte del Legislatore fiscale potrebbero essere diverse. Potrà pertanto accadere che:

  • ai fini contabili si renda necessaria l’iscrizione del costo residuo interamente nell’esercizio di entrata in vigore delle riforme;
  • mentre, dal punto di vista fiscale sia consentito il riporto in avanti degli oneri residui.

Un altro aspetto rilevante riguarda i nuovi criteri di valutazione adottati, tra i quali spicca il nuovo metodo del costo storico ammortizzato, che dovrà essere utilizzato dalle società non piccole per la valutazione dei crediti, debiti e titoli immobilizzati.

In virtù delle nuove disposizioni in tema di valutazione al costo storico ammortizzato emergeranno delle differenze di valutazione, il cui trattamento fiscale dovrà essere disciplinato dal Legislatore fiscale.

Con specifico riferimento alla nuova disciplina delle azioni proprie, l’iscrizione di una riserva negativa di patrimonio netto potrebbe avere rilevanti effetti nella determinazione dell’ACE, in quanto l’incremento patrimoniale su cui calcolare il rendimento nozionale non può comunque eccedere il patrimonio netto.

Le poste di bilancio, in passato non previste, relative all’iscrizione in bilancio delle variazioni derivanti dalla valutazione dei derivati dovranno trovare una specifica disciplina fiscale.

 

Fonte Fiscal Focus del 17/02/2016

Read more

Versamento della tassa annuale per la numerazione dei libri e dei registri sociali

L’adempimento riguarda le società di capitali, le società in liquidazione ordinaria e quelle sottoposte a procedure concorsuali (escluso il fallimento) a condizione che sussista l’obbligo di tenuta di libri numerati e bollati secondo le disposizioni del Codice civile.

Soggetti tenuti ad effettuare il versamento

Sono tenuti ad effettuare il versamento i seguenti soggetti:

le società di capitali (Spa, Srl, Sapa);

le società in liquidazione ordinaria e quelle sottoposte a procedure concorsuali (escluso il fallimento) a condizione che sussista l’obbligo di tenuta di libri numerati e bollati secondo le disposizioni del Codice civile;

gli enti commerciali, vale a dire agli Enti pubblici e privati, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (come risulta da Risoluzione Ministeriale n. 265/E, 23 dicembre 1996).

Soggetti esonerati

Sono, invece, esonerati:

• le società cooperative;

• le società di mutua assicurazione;

• le società di capitali dichiarate fallite;

• i consorzi che non hanno assunto la forma di società consortili;

• le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro, affiliate ad una federazione sportiva nazionale, ad una disciplina sportiva associata, o ad un ente di formazione sportiva a condizione che il relativo atto costitutivo sia conforme a quanto prescritto dalla L. 289/2002.

L’importo da versare

La tassa è dovuta in forma forfettaria, ossia fissa, a prescindere dal numero dei libri o registri e delle relative pagine utilizzati nel corso dell’anno solare. Si riferisce, quindi, a tutte le formalità di numerazione e bollature effettuate nell’anno solare di riferimento, incluse quelle poste in essere prima del pagamento della tassa in argomento.

La tassa annuale:

• è deducibile ai fini Ires e Irap;

• è dovuta in misura forfetaria, indipendentemente dal numero di libri o pagine utilizzati durante l’anno.

Relativamente al versamento da effettuare entro il 16.03.2016, va fatto riferimento al capitale sociale/fondo di dotazione al 1° gennaio 2016, e quanto dovuto è così determinato:

Importo da versare
Importo del capitale

o del fondo in dotazione

(alla data dell’01.01.2016)

Importo

da pagare

Se ≤ euro 516.456,90 Euro 309,87
Se > euro 516.456,90 Euro 516,46

 

 

Fonte circolare Fiscal Focus

Read more

Microimprese: le novità in tema di bilancio super-semplificato

Con il D.Lgs. 139/2015 è stata introdotta la nuova categoria delle micro-imprese ed è stata

implementata a livello nazionale la direttiva contabile 2013/34/UE, che ha sostituito le

direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE. Tra le novità introdotte dal decreto figura l’inserimento

nel codice civile del nuovo art. 2435-ter che individua le società di capitali di ridotte

dimensioni le c.d micro-imprese che potranno adottare a partire dal 1 gennaio 2016 il “bilancio

super-semplificato”.

Chi sono le micro-imprese? Sulla base del 1° comma della norma citata, vengono considerate

tali le società che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati e che nel primo

esercizio o successivamente per due esercizi consecutivi, non superano due dei seguenti tre

limiti:

– totale dell’attivo dello stato patrimoniale non superiore ai 175 mila euro;

– o ricavi delle vendite e delle prestazioni, uguali o minori a 350 mila euro;

– o numero medio degli occupati nel corso del periodo non può eccedere le cinque unità.

Codeste imprese redigono lo stato patrimoniale e il conto economico in base agli schemi

previsti per le imprese che presentano il bilancio in forma abbreviata applicando gli stessi

criteri di valutazione. Quindi, lo schema di bilancio resta quello abbreviato di cui all’art. 2435

bis c.c., con gli aggiustamenti che lo stesso D.Lgs. 139/2015, il c.d Decreto Bilanci, vi ha

apportato.

Il nuovo articolo 2425-ter, al contrario di quanto normalmente disciplinato dal codice civile

per i prospetti obbligatori, non prevede una struttura rigida o quanto meno un contenuto

minimo dello stesso. In particolare, nello schema del bilancio in forma abbreviata, per effetto

delle modifiche apportate all’art. 2435-bis:

– nello Stato Patrimoniale non è più prevista l’annotazione degli ammortamenti e delle

svalutazioni relativi alle immobilizzazioni materiali e immateriali – lo schema attuale, al

contrario, prevede la loro esposizione al lordo con separata indicazione dei relativi fondi di

ammortamento;

– nel Conto Economico nel nuovo schema è stata eliminata tutta la parte straordinaria

classificata sotto la lettera “E) Proventi e oneri straordinari” – e sono raggruppabili – le voci

D18a, D18b, d18c e la nuova voce D18d (rivalutazioni di strumenti finanziari derivati) e le

voci D19a, 19b, D19c e la nuova voce D19d (svalutazioni di strumenti finanziari derivati).

Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata sono esonerate dalla redazione del

rendiconto finanziario, dalla relazione sulla gestione e dalla nota integrativa: quest’ultimo

aspetto rappresenta la vera novità posto che le prime due semplificazioni già sussistevano per

le società che redigono il bilancio in forma abbreviata.

L’esonero dalla compilazione della relazione sulla gestione è legato all’indicazione, sempre in

calce allo stato patrimoniale, delle informazioni di cui ai numeri 3) e 4) dell’articolo 2428 del

codice civile:

il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società

controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell’esercizio, anche per

tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della

corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle

alienazioni;

il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società

controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciarie o per

interposta persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente.

L’esonero dalla compilazione della nota integrativa è accompagnato dalla previsione di

indicare, in calce allo stato patrimoniale, le informazioni di cui all’art. 2427, numeri 9) e 16)

che riguardano:

-gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale, le notizie sulla composizione e natura di

tali impegni e dei conti d’ordine, la cui conoscenza sia necessaria per valutare la situazione

patrimoniale e finanziaria della società, distinguendo quelli relativi a imprese controllate,

collegate, controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime;

– le informazioni riferite ai compensi, alle anticipazioni e ai crediti concessi agli amministratori

e ai sindaci, le principali condizioni e gli importi eventualmente rimborsati.

La possibilità di avvalersi del bilancio previsto per le micro-imprese cessa quando, per il

secondo esercizio successivo vengono superati due dei limiti previsti dal primo comma dell’art.

2435-ter. Pertanto, in questi casi, le società che si avvalgono delle esenzioni previste dall’art.

2435-ter c.c. dovranno redigere il bilancio, a seconda dei casi, in forma abbreviata o in forma

ordinaria.

 

 

 

Fonte Euroconference news del 10/2/2016

Read more

La nuova formulazione dell’art. 26 DPR 633/1972

Una delle più importanti novità contenute nella legge di Stabilità attiene alle variazioni apportate all’art.26 del DPR 633/72 in tema di rettifica dell’imponibile e dell’imposta delle operazioni per le quali sia stata emessa una nota di variazione.

La Stabilità è intervenuta affiancando alla previgente normativa una regolamentazione ad hoc per i casi di assoggettamento del cessionario/committente a procedura concorsuale.

Prima di approfondire gli aspetti legati alle novità parliamo della normativa in generale.

Come sappiamo durante la normale vita aziendale possono verificarsi casi in cui si rende necessario rettificare una fattura già emessa. Tale correzione può essere effettuata, alternativamente, attraverso l’emissione di una nota di debito o di credito, a seconda che la rettifica comporti l’aumento o la diminuzione dell’imponibile.

L’emissione di una nota di credito, a differenza della nota di debito, non può essere emessa a discrezione del contribuente, infatti la nota di debito è sempre obbligatoria mentre la nota di credito è facoltativa.

Nel caso di emissione di nota di credito è necessario tenere conto delle indicazioni stabilite dall’art. 26; la norma generale prevede che tutte le note di credito debbano essere emesse entro un anno dalla emissione della fattura relativa alla fornitura o prestazione, tranne alcuni casi in cui non ci sono limiti di tempo per l’emissione.

Dal punto di vista operativo e generale, quindi, al verificarsi delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 26, il prestatore/cedente potrà portare in detrazione l’imposta annotandola nel registro degli acquisti.

Occorre sempre tenere a mente che il recupero dell’Iva deve rispettare il termine biennale imposto dalla normativa (dall’art. 19, comma 1, ultimo periodo, D.P.R. n. 633/1972) a pena di decadenza. Questo vuol dire che se anche la nota di credito potrà essere emessa senza alcun limite temporale il cedente/prestatore potrà dedurne l’imposta a condizione che la rettifica sia operata, al più tardi, nella dichiarazione IVA relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione.

Occorre ricordare inoltre che seppure la nota in diminuzione è facoltativa essa è necessaria per detrarre l’imposta.

Ma cosa cambia con la stabilità?

Il legislatore ha riscritto l’art. 26, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 individuando, di fatto, i casi in cui si può emettere la nota di variazione per mancato pagamento a causa di assoggettamento a procedure concorsuali. La nuova formulazione dell’articolo risulta essere:

“La disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

b) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.

Con la nuova formulazione dell’art. 26, nei casi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis, piano di risanamento attestato ex art. 67, procedure individuali rimaste infruttuose, l’emissione della nota di variazione negativa non dovrà più rispettare il termine annuale di emissione (tuttavia il termine massimo sarà, secondo la regola generale, il secondo anno successivo a quello nel quale si è verificato il presupposto).

Il legislatore si spinge oltre perché chiarisce anche “quando” emettere la nota, ovvero: “a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis …, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67 …, b) ….procedure …..rimaste infruttuose”.

Il comma 5 dell’art. 26 chiarisce poi che nel caso di emissione della nota di variazione, nei casi di procedura concorsuale, il curatore non deve procedere alla registrazione del documento ricevuto. In merito all’entrata in vigore delle norme occorre specificare che le disposizioni di cui alla lettera a) dell’art. 26, comma 4, e comma 5 del DPR 633/1972 si applicano alle procedure concorsuali avviate successivamente al 31 dicembre 2016; le altre si applicano anche alle procedure avviate anteriormente al 31 dicembre 2016.

 

 

 

Fonte Euroconference news del 13/02/2016

Read more