La giurisprudenza si è negli ultimi mesi interessata in modo piuttosto frequente alla fattispecie della postergazione dei crediti vantati dai soci nei confronti della società a fronte di finanziamenti erogati in situazioni di squilibrio finanziario oppure in una situazione in cui sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento (art. 2467, cod.civ.).

In primo luogo, un importante recente arresto della Corte di Cassazione (sentenza n. 14056/2015) porta ad estendere l’applicazione del precetto – oltre che alle Srl ed alle società soggette alla direzione e coordinamento – anche alle società azionarie quando queste sono caratterizzate da una “ristretta base societaria”; viene quindi confermato un certo filone giurisprudenziale che già si era da tempo manifestato, seppure questo approccio non sia condiviso appieno in dottrina – in senso contrario, si veda Assonime n. 40/2007.

A questo riguardo, anche il Tribunale di Milano (sentenza n. 9104/2015) segue l’indirizzo interpretativo estensivo fatto proprio dalla Cassazione nella suddetta sentenza, seppure specificando che ai fini dell’innesco della postergazione del credito del socio sarebbe necessaria una situazione di specifica crisi della società, e non una tensione finanziaria temporanea.

Le condizioni apprezzate dai Giudici milanesi ai fini dell’applicazione della postergazione dei crediti dei soci anche alle Spa sono essenzialmente le seguenti:

– presenza di una base azionaria familiare

– coincidenza fra la figura dei soci e quella degli amministratori

– capacità del socio di poter cogliere in modo compiuto l’esistenza di una situazione di adeguata, o inadeguata, capitalizzazione della società.

Ulteriore aspetto di comune interesse attiene alla natura del credito che può essere oggetto della postergazione. Il Tribunale di Reggio Emilia (decreto del 10 giugno 2015) ha affermato che i finanziamenti che ricadono nella disciplina dell’articolo 2467, cod.civ., “non sono solo quelli derivanti da meri trasferimenti di danaro infragruppo, ma anche da rapporti diversi, quali ad esempio quelli di fornitura di merci e di servizi, qualora si accerti in concreto che le forniture di beni, di servizi, o l’erogazione di altre utilità, abbiano assolto – sotto il profilo finanziario – alla stessa funzione della dazione di danaro”.

Infine, l’ampliamento delle casistiche di applicazione della postergazione dei finanziamenti dei soci ha riguardato di recente anche il caso delle imprese cd. “start up” (Tribunale di Milano, sentenza n. 1658/2015).

Secondo questa linea interpretativa, la postergazione opererebbe non solo qualora la società versi in una condizione di crisi strutturale, bensì anche quando si manifesti uno stato di oggettiva insufficienza delle risorse disponibili rispetto all’assolvimento delle proprie obbligazioni.

Si tratta evidentemente di una tipica situazione che ricorre nelle fasi iniziali dell’esistenza della società, quando usualmente i finanziamenti erogati dai soci sono volti a supportare l’avvio dell’attività; peraltro, la postergazione del credito riguarderebbe la posizione del socio creditore anche nella eventualità in cui, al momento della richiesta di restituzione delle somme, questi non rivestisse più tale posizione. Infatti, la fuoriuscita dalla compagine sociale non comporterebbe l’automatico venir meno dell’innesco della postergazione del credito dell’ex socio, poiché la ratio della norma è quella di salvaguardare la posizione dei creditori terzi dell’impresa, a prescindere dalle vicende modificative della composizione dei socie della società.

 

 

Fonte: Euroconference del 31/12/2015